Una vecchia pubblicità sulle telecomunicazioni degli anni ’90 ci lasciò in eredità un tormentone ancora oggi più che mai di grande attualità: “Ma quanto mi costi?”.
Sicuramente essere consapevoli dei costi del fermo di produzione e fare di tutto per contenerli fa parte degli obiettivi di qualunque Direttore di Stabilimento o Responsabile di Produzione. Purtroppo, però, qualche volta le cose non vanno come dovrebbero andare: il fermo produzione (downtime) è un evento spesso inaspettato e imprevisto, che ha delle conseguenze anche sul lungo termine.
Il problema? Il danno non è solo di natura economica, ed è spesso più grande di quanto a prima vista possa sembrare.
Secondo una ricerca pubblicata da IndustryWeek1, il downtime non programmato costa annualmente ai produttori industriali 50 miliardi di dollari, senza costare i costi reputazionali. Nel 42% dei casi, il fermo macchina è dovuto a un guasto imprevisto alle apparecchiature di produzione. Sono numeri impressionanti, che messi nero su bianco incutono preoccupazione.
Non si tratta solo di non riuscire a produrre un manufatto e, quindi, rinunciare ai ricavi legati alla sua cessione. Un fermo produzione comporta macchinari da aggiustare, operai fermi in attesa della riparazione, rallentamenti e colli di bottiglia nel flusso dei materiali all’interno dell’azienda, ritardi nella logistica e nelle consegne.
Oltre agli, ovvi, costi legati a un guasto o fermo imprevisto, andrebbero poi considerati anche quelli di un downtime preventivato, e qui le cose si fanno più complicate.
Per fare un esempio: se un cliente richiede un prodotto per la cui realizzazione è necessario fermare e riattrezzare una linea di produzione, c’è un costo da preventivare, ma calcolarlo non è così semplice. Il produttore può infatti scegliere di non interrompere la produzione corrente e procedere al riattrezzaggio al termine: evita così i costi di fermo macchina, ma rischia di perdere la commessa perché magari il cliente non vuole aspettare e la affida a un concorrente. Nell’altra eventualità, si generano costi di downtime ma si può guadagnare una nuova commessa.
Insomma, il downtime genera costi più o meno nascosti spesso difficili da calcolare. A meno di avere dati davvero esaustivi non solo sul funzionamento del plant floor, ma anche sulle aspettative della propria clientela.
Il non rispetto delle tempistiche di consegna porta con sé anche un altro problema: il danno alla reputazione. Un’azienda che non rispetta i contratti con i fornitori non dà di sé un’immagine di affidabilità e precisione; se, poi, l’evento si ripete, è probabile che ci siano penali da corrispondere e che i contratti vengano rescissi.
Succede un po’ come quando navighiamo per fare shopping online, e qualcosa non funziona nel processo di acquisto – prodotti non disponibili, checkout lenti, consegne eccessivamente lunghe oppure problemi nella comunicazione col venditore: è assai probabile che o non concluderemo l’acquisto, o che in futuro acquisteremo da qualcun altro. La perdita per le aziende manifatturiere che hanno a che fare con i fermi produzione è economica, ma non solo. L’incapacità per un’azienda di gestire la produzione in maniera efficiente, precisandone tempi e costi, può infatti generare problemi qualitativi e, nel lungo periodo, una perdita di reputazione e credibilità nei confronti dei clienti, certo un problema di non poco conto.
Un’altra conseguenza non trascurabile sta nella (in)soddisfazione del personale coinvolto nella risoluzione dei problemi legati al downtime. I guasti possono ovviamente capitare anche nei momenti meno opportuni: di notte, nel weekend, durante le festività o quando il responsabile è in vacanza. È chiaro che a nessuno fa piacere ricevere notifiche di allarme e problemi quando si sta facendo altro. Può succedere una volta, ma, se diventa un’abitudine, è altamente probabile che il personale incaricato della manutenzione e i responsabili dell’impianto non saranno certo soddisfatti di come stanno andando le cose in azienda.
Come visto, il fermo produzione non preventivato è uno stillicidio di denaro sia nell’immediato che alla lunga. Come fare per prevenirlo?
Sicuramente il primo passo è assicurarsi che la manutenzione dei macchinari in produzione venga eseguita regolarmente, in modo da conservarli sempre “in salute”.
Punto secondo, prevenire è meglio che curare: ecco perché è una best practice per tutte le aziende impostare una solida Data Analytics che non si limiti alla manutenzione preventiva ma affianchi anche la manutenzione predittiva, in modo da riuscire a prevedere in anticipo i problemi basandosi su dati oggettivi raccolti dalle proprie apparecchiature e ridurre quindi i tempi di inattività, migliorando la produttività e aumentando l’efficienza.
Infine, disporre di un sistema di supervisione delle attività sia produttive che gestionali all’interno dell’azienda consente di regolare il flusso dei materiali e dei prodotti in modo intelligente, cosicché di fronte a un problema ci sia un “piano B” per spostare la produzione oppure evitare di bloccare tutti i reparti che affiancano la produzione (logistica, gestione ordini, amministrativo eccetera).
1 Fonte: IndustryWeek